La carta n. 0: Il Matto

La carta n. 0: Il Matto 

Questa immagine della stultitia di Giotto, presente nella parete dedicata ai vizi, nella Cappella degli Scrovegni a Padova, ci guida nel viaggio del Matto attraverso i secoli. Il cappello piumato, il bastone, la nudità dei piedi, le vesti stracciate rimarranno i segni caratteristici di questa figura fino al 1600, quando poi si aggiungono animali, strumenti musicali fino ad arrivare all’immagine del 1900, dove il cane abbaia ai piedi del Matto, che porta un fagotto e una rosa bianca.

 

Ecco infatti la carta n. 0 dei Tarocchi, così come l’hanno immaginata e elaborata Sir Edward Waite e Pamela Colman Smith nel mazzo Rider Waite. Ogni carta del mazzo di Tarocchi ci può portare a esplorare mondi psicologici, filosofici, artistici, culturali e storici. La ricerca di questi strati di conoscenza è molto appassionante per chi desidera esplorare se stessa/se stesso, la psiche umana e la sua evoluzione. La carta del Matto, tradizionalmente definita come la carta dell’irrazionalità, della follia appunto, non è solamente questo. Entrando nell’iconografia ci si può avventurare in nuovi e diversi significati, che spesso hanno molto a che vedere con le nostre vite, anche se non ci reputiamo matti. La spinta rivoluzionaria che lo studio dei Tarocchi dà alle nostre vite è quella di uscire dall’ordinario, dall’ovvio. Un esercizio di consapevolezza e di decostruzione degli ostacoli alla nostra felicità.

“-Quale rovina s’è abbattuta sull’armata imperiale? – questa domanda probabilmente il cavaliere ha rivolto al primo essere vivente incontrato:qualcuno così lordo e sbrindellato che da lontano somigliava al Matto dei tarocchi e da vicino si scopriva essere un soldato ferito e zoppicante in fuga dal campo della carneficina.

Nel muto racconto del nostro ufficiale la voce di questo scampato suona stonata chioccia farfugliante in un dialetto mal intellegibile frasi smozzicate del tipo: – Non stia a far bischerate, sor tenente! Chi ha gambe scappi!La frittata ha dato il giro! Quello è un esercito che chi lo sa di dove canchero è uscito,mai visto prima, scatenassi satenati! Sul più bello eccoteli lì che ci piombano tra collo e capo e già eravamo buoni per le mosche! Tienti coperto, sor ufficiale, e passa al largo! -E già il soldataccio s’allontana mostrando le vergogne dal rotto delle brache, annusato dai cani randagi come fratello loro nel puzzo, trascinandosi dietro il fagotto del bottino racimolato nelle tasche dei cadaveri”.

Italo Calvino – Il castello dei destini incrociati

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